Pensieri per la gestione del territorio

Pensieri sulla gestione del territorio da parte degli enti locali basata sull’esperienza di dieci anni di dirigente del Dipartimento Gestione Territorio e Ambiente del comune di Cesate

Cesate lì, 01 gennaio 2009

Nel corso di questi ultimi nove anni alla dirigenza del Comune di Cesate e di consulenza alle amministrazioni pubbliche, mi sono reso conto che le realtà degli enti locali sono pressoché simili tra loro, che molti dei problemi erano più facili da risolvere di quanto si pensasse, o perlomeno così è stato per me perché ho potuto contare su un rapporto privilegiato con degli ottimi Amministratori e ho avuto a disposizione dei buoni e leali collaboratori.Con gli Amministratori, dopo l’empasse dei primi anni, la ricerca di strategie strutturali per aumentare le entrate da destinare alla copertura delle spese correnti e d’investimento, ci ha portato a scegliere il recupero dell’evasione della TARSU o dell’ICI come la soluzioni più concreta, ma ciò poteva avvenire solo mediante la creazione di una banca dati immobiliare.

La realizzazione di tale banca però non poteva limitarsi all’acquisto di un programma informatico, ne al fatto che questi fosse al recupero tramite accertamento della TARSU o dell’ICI, ma doveva essere sufficientemente flessibile da prevedere per esempio la tassazione dei terreni potenzialmente edificabili.

L’operazione anche se affidata esternamente ha comportato un impiego di personale ed ha avuto un costo politico giustificati solo perché pensata alla gestione del territorio in termini multidisciplinari ai fini della pianificazione urbanistica (entrate) e della programmazione ambientale e dei lavori pubblici (spese).

L’investimento è stato in ogni modo considerevole in tutti i termini (economici, personale, politici, ecc.) e perché fosse ammortizzato doveva prevedere un ritorno sul lungo periodo e non solo una tantum con il recupero dell’evasione, ma per l’innalzamento della base imponibile.

Alla realizzazione sono seguiti dei progetti che hanno coinvolto progressivamente tutti i settori, ma prima di avviarla l’abbiamo fatta precedere dall’affidamento ad un legale per lo studio dell’armonizzazione giuridica delle norme dei regolamenti comunali (procedimenti, rifiuti, edilizio, NTA, ecc.), anche perché il lavoro non fosse disperso nella ricerca di dati ininfluenti ed inutilizzabili.

Difatti fino dal suo concepimento doveva essere previsto il suo aggiornamento, perciò i dati dovevano essere correlabili tra loro (fondati su un codice ecografico immobiliare e non su quello del contribuente) e, perché fossero interrogabili, la banca doveva essere inserita in un SIT (Sistema Informativo Territoriale), basandosi sulle strutture informatiche esistenti, che è forse la cosa più importante perché una volta realizzata non rimanesse una cosa morta e fine a se stessa.

Comunque sia la dimensione economica di tale banca dati immobiliare se riferita alla scala dei valori territoriali avrebbe avuto un senso solo se realizzata in previsione della gestione del territorio e quindi doveva inserirsi in un progetto urbanistico più ampio che partisse dalla revisione dell’urbanistica del Comune che di fatto è stato il vero oggetto della discussione politica.

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La crescita del mercato immobiliare ha consentito enormi guadagni agli operatori privati, ciò è stato possibile perché i Comuni hanno consentito la monetizzazione delle aree a standard senza richiedere dei prezzi adeguati nel caso dei piani attuativi o gratuitamente nel caso delle zone B.

Con il PGT (ex PRG) è stato possibile ridurre ulteriormente gli standard urbanistici sulla base della risultante del Piano dei Servizi consentendo l’edificazione di nuovi volumi anche su lotti saturi, ma ciò deve avvenire indennizzando giustamente la collettività direttamente tramite la cessione d’aree utili o la monetizzazione che consenta di conseguire di realizzare i programmi comunali.

Rileva tra l’altro che solitamente il principale proprietario immobiliare e detentore di diritti edificatori è il Comune stesso che, tra l’altro e non solo nel caso delle scuole, si è autolimitato non consumando gli indici urbanistici, costruendo volumetrie contenute su aree enormi.

La cessione dei diritti edificatori introdotta con la perequazione prevista dalla legge Regionale 12/2005 sia nel caso della monetizzazione sia nel caso siano acquisisti i diritti edificatori ha quindi un prezzo che per non essere accusati di danno all’erario e svendita del patrimonio deve essere richiesto agli operatori immobiliari.

Tale tributo-indennizzo è tale in ogni caso da produrre una nuova entrata sufficiente a coprire le spese comunali per la gestione e la realizzazione di nuove opere pubbliche necessarie allo sviluppo del territorio senza l’assunzione di nuovi mutui.

Da subito si deve intervenire estendendo la cessione delle aree a standard in tutti al pari dei piani attuativi in tutti i casi di nuova edificazione ovvero si devono ridurre gli indici volumetrici e aggiornare le monetizzazioni.

Successivamente ma prima di addivenire al nuovo PGT, che, di fatto, è una variante generale del PRG, individuando con il Piano dei Servizi le aree a standard sarebbe opportuno uno studio sulla consistenza ed elabori un progetto fattibile di gestione del patrimonio immobiliare del Comune.

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Con la Legge 448/98 è stata permessa la trasformazione dei diritti di superficie in proprietà degli immobili di edilizia residenziale pubblica –ERP- realizzati sulle aree di proprietà comunali, e degli immobili produttivi interni ai PIP – zone industriali e produttive.

Il mancato utilizzo di tale opportunità, qualora si presenti l’occasione di vendita anticipata degli immobili e delle loro pertinenze (box e cantine), risulterebbe come un’opportunità mancata’. Infatti, qualora questi siano in condizione di essere venduti, servirà l’autorizzazione del Comune, e si dovrà realizzare al prezzo imposto e con le limitazioni del reddito degli acquirenti previsti dalla ‘vecchia’ convenzione.

Inoltre, se non si utilizza tale opportunità, alla scadenza, generalmente 90 anni, gli immobili devono essere restituiti al Comune. Condizioni che penalizzano molto, nel caso di vendita, il valore degli immobili stessi.

Invece, con questa proposta, nel caso si proceda alla trasformazione dei diritti di superficie in proprietà il vantaggio per il Comune è economico e di immagine. Infatti vengono recuperate le somme rivalutate, che a suo tempo furono investite nei piani; e questo consentirà all’Amministrazione di effettuare nuovi investimenti.

Il vantaggio invece per i cittadini è rappresentato dalla possibilità del trasferimento perpetuo degli immobili e delle loro pertinenze, e del godimento ai successori senza più i limiti imposti dalla convenzione, con la conseguente rivalutazione del valore degli immobili stessi. Con inoltre la possibilità per i cittadini di veder ridotto, in termini di anni, la possibilità di poter vendere liberamente senza dover richiedere l’autorizzazione al Comune.

Oggi, tutto questo, spesso, viene aggirato con mille espedienti, dal pagamento in nero al differimento dei termini di rogito rispetto al compromesso.
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Con il decreto Bersani è stato previsto che il pagamento dell’ICI sulle aree edificabili libere si applichi sulla base della loro potenzialità edificatoria sino dalla adozione nel PRG.

In precedenza invece vi era il dubbio che dovesse essere applicato solo dall’approvazione definitiva del PRG o nel caso di piani attuativi (PL. PIP, PRU, ecc.) solo dopo l’approvazione dei piani stessi. Il nuovo decreto consente il recupero retroattivo di 5 anni delle tasse non pagate, generalmente sul 30 % delle aree. Il vantaggio per il Comune con l’accertamento è molteplice, perché permette il recupero delle somme evase e stimola il mercato immobiliare locale a compiere le previsioni del PRG.

Molto spesso, anche inconsapevolmente, i cittadini non hanno pagato o si sono limitati a pagare il valore minimo calcolato sulla rendita fondiaria agricola, salvo al momento della vendita ricavare un forte surplus il più delle volte non dichiarato.

Si tratta dunque di censire le aree edificabili che erano libere a partire da 5 anni indietro e quelle che risultano attualmente libere rispetto le previsioni del PRG. Incrociare i dati della pratiche edilizie (concessioni e DIA) degli interventi di nuova costruzione con  i pagamenti dell’ICI.

In questo modo si potrebbe inoltre ristabilire un criterio di equità di trattamenti e di comportamenti ed inoltre incassare le somme in modo ‘corretto’ rispetto al reale valore delle aree, così come previsto dalla legge.

Potrebbe apparire a prima vista una decisione impopolare; ma in questa proposta si prevede anche il vantaggio per i cittadini. Infatti il maggior gettito incassato dovrà essere obbligatoriamente vincolate alla riduzione dell’aliquota ICI. Così facendo inoltre si recuperano al mercato immobiliare molte aree libere riducendo la necessità di consumare-edificare altre parti del territorio.

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In altri termini:

  • Con la prima proposta avremo cittadini, imprenditori, commercianti…. che diverranno anche loro proprietari del loro immobile. Potranno così meglio accudirlo e conservarlo e potranno decidere di riscattarlo pagando al Comune una quota concordata e decidere se tenerlo per loro, per le loro famiglie e per le loro attività, oppure cederlo a valori di mercato. Avremo nuovi proprietari di immobili che si impegneranno a pagare al loro Comune un importo concordato e certo. Lo sottoscriveranno in ‘anticipo’ rispetto a quella che comunque sarebbe in futuro una scadenza inevitabile e sulla quale non potremo incidere.
  • Con la seconda proposta – di maggior gettito su accertamenti ICI-  si prevede di ridurre l’aliquota ICI e ‘spalmare’ questo beneficio su tutte le abitazioni dei cittadini.
  • Infine dal punto di vista del Bilancio di Previsione si avrà una iniziale previsione stimata di maggiori Entrate, in corso di anno una certa previsione di spesa (cioè dopo avere individuato le differenti tipologie edilizie) ed infine una logica, e conseguente, maggiore possibilità di spesa. Non ultimo, questa proposta permetterebbe anche la maggior possibilità di un pieno rispetto anche del Patto di Stabilità.


Rimandi


Legge 23 dicembre 1998, n. 448 -Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo

Art. 31 (Norme particolari per gli enti locali)

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21. In sede di revisione catastale, è data facoltà agli enti locali, con proprio provvedimento, di disporre l’accorpamento al demanio stradale delle porzioni di terreno utilizzate ad uso pubblico, ininterrottamente da oltre venti anni, previa acquisizione del consenso da parte degli attuali proprietari.

22. La registrazione e la trascrizione del provvedimento di cui al comma 21 avvengono a titolo gratuito.

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45. I comuni possono cedere in proprietà le aree comprese nei piani approvati a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, ovvero delimitate ai sensi dell’articolo 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, già concesse in diritto di superficie ai sensi dell’articolo 35, quarto comma, della medesima legge n. 865 del 1971. Le domande di acquisto pervenute dai proprietari di alloggi ubicati nelle aree non escluse, prima della approvazione della delibera comunale, conservano efficacia.
46. Le convenzioni stipulate ai sensi dell’articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, e precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179, per la cessione del diritto di proprietà, possono essere sostituite con la convenzione di cui all’articolo 8, commi primo, quarto e quinto della legge 28 gennaio 1977, n. 10, alle seguenti condizioni:

a) per una durata pari a quella massima prevista (30 anni, n.d.r.) dalle citate disposizioni della legge n. 10 del 1977 diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzione che ha accompagnato la concessione del diritto di superficie o la cessione in proprietà delle aree e quella di stipulazione della nuova convenzione;

b) in cambio di un corrispettivo, per ogni alloggio edificato, calcolato ai sensi del comma 48.
47. La trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà sulle aree può avvenire a seguito di proposta da parte del comune e di accettazione da parte dei singoli proprietari degli alloggi, e loro pertinenze, per la quota millesimale corrispondente, dietro pagamento di un corrispettivo determinato ai sensi del comma 48.
48. Il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato dal comune, su parere del proprio ufficio tecnico, in misura pari al 60 per cento di quello determinato ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 1, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, escludendo la riduzione prevista dall’ultimo periodo dello stesso comma, al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie, rivalutati sulla base della variazione, accertata dal l’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi tra il mese in cui sono stati versati i suddetti oneri e quello di stipula dell’atto di cessione delle aree. Comunque il costo dell’area così determinato non può essere maggiore di quello stabilito dal comune per le aree cedute direttamente in diritto di proprietà ai momento della trasformazione di cui al comma 47.


Art. 3 della Legge 23 dicembre 1996, n. 662
64. I comuni possono cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie nell’ambito dei piani delle aree destinate a insediamenti produttivi di cui all’articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865. Il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato con delibera del consiglio comunale, in misura non inferiore alla differenza tra il valore delle aree da cedere direttamente in diritto di proprietà e quello delle aree da cedere in diritto di superficie, valutati al momento della trasformazione di cui al presente comma. La proprietà delle suddette aree non può essere ceduta a terzi nei cinque anni successivi all’acquisto.

(così sostituito dall’art. 11, comma 1, della legge n. 273 del 2002).

Giuseppe Brollo